lunedì 6 luglio 2009


V dopo Pentecoste (R.A.: anno B)

Giovanni 12, 35-50

In questa pagina del vangelo di Giovanni c’è un tema che si impone immediatamente alla nostra attenzione: è il tema della luce.
Tema molto suggestivo quello della luce, che trova in noi risonanze profonde, perché tutti cerchiamo la luce e ogni giorno la invochiamo.
E sentiamo che non ci basta la luce per gli occhi e neppure la luce per la mente, ma che ci occorre una luce che ci raggiunga in profondità, in quella dimensione segreta del nostro esistere che siamo soliti chiamare cuore.
La scienza, certo, ci aiuta a vivere: ci permette di risolvere tanti problemi, di vincere tante paure.
Ma può bastare se manca il senso di quello che viviamo, se manca la luce del cuore?
Può bastare se appena c’è un po’di dolore non capiamo più nulla, se al minimo evento doloroso il cammino della vita, che prima credevamo lineare, diventa un labirinto senza uscita?
“Si vede bene solo con il cuore” diceva Saint-Exupéry.
Vorremmo perciò una luce che accarezzasse il volto, gli occhi, gli affetti, i concetti, le parole, le cose: una luce che accarezzasse soprattutto il cuore.
Esiste questa luce ?
La luce, ha detto Einstein, è l’ombra di Dio che passa.
Questa ombra si è posata nel grembo di Maria (“Su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo” ha detto l’angelo dell’annunciazione) e il bambino che sarebbe nato a Betlemme sarebbe stato la luce del mondo, ”la luce vera, quella che illumina ogni uomo”.
La parola di Dio, che è luce, si è incarnata in Gesù, ma per il fatto che noi siamo uniti a lui, si è incarnata e si incarna in ciascuno di noi.
Se voglio sapere qualcosa sul mistero del nascere, dell’amare, del soffrire, del morire, mi rivolgo a Gesù e a quella luce che egli ha deposto in me.
Ed è luce che si esprime attraverso i gesti della compassione e dell’amore.
Ha detto Gesù, in un altro passo di questo vangelo: “Compite le opere della luce finché dura il giorno”.
Quali sono le opere della luce?
Sono quelle che nascono dalla sapienza della misericordia, sono le opere della carità.
Allora si diventa presenze luminose, capaci di portare luce attorno a sé.
Ed è facile riconoscere queste presenze.
Già il volto è capace di far trasparire la luce interiore.
Penso al volto di Gesù: doveva essere un volto particolarmente luminoso, se tanti ne hanno sentito immediatamente il fascino e la bellezza: era la trasparenza più pura e palpitante dell’amore del Padre.
Trasparenza: mi sembra la parola giusta.
Trasparenza per non impedire la luce; trasparenza per non offuscare una presenza.
Si tratta di lasciar trasparire l’azione del Signore.
Certo, ci sono volti intristiti dal fatto che riflettono solo paure.
Sono i volti di quelle persone che si lasciano catturare dalle analisi sottili e spietate del nostro tempo e diventano testimoni solo delle ombre e delle oscurità che gravano sulle nostre esistenze.
Ma per fortuna ci sono anche i testimoni della luce che sanno parlare di speranza e di amore.
Sono persone che custodiscono questa pacificante certezza: la vita ha un senso perché c’è qualcuno che ci ama.
Proprio perché queste persone si sentono amate, senza alcun merito, trovano dentro di sé una disposizione, per così dire, naturale ad amare.
E’un amore che si traduce in comprensione, in mitezza, in misericordia.
A volte abbiamo l’impressione di vivere in un mondo arido, cinico, senza pietà, ma se si è più attenti si scopre un mondo sommerso dove circola la bontà più genuina, quella che non si mette mai in vista (il vero bene si nasconde sempre dietro un velo di pudore), ma che si esprime con la più grande naturalezza coniugandosi a volte non solo con il sorriso, ma anche con un po’di autoironia e di umorismo.
Dio ci dona il suo amore che diventa luce e senso per il nostro cammino.
Noi siamo chiamati a donare amore perché sia luce per il cammino degli altri.
Anche il piccolo gesto è importante.
Perché si rischiari il cielo della nostra vita sia della vita di qualche fratello che abbia bisogno di noi.