lunedì 2 marzo 2009

I° di Quaresima


Matteo 4, 1-11

“Ecco era è il tempo favorevole, ecco: ora è il giorno della salvezza, nessuno si faccia trovare nel giorno di redenzione, ancora schiavo del vecchio mondo di peccato”: sono parole, queste, che vengono da molto lontano (appartengono al profeta Isaia ) e che nel corso di questa liturgia sentiremo richiamare come invito a valorizzare questo tempo quaresimale che inizia proprio oggi.
Quaresima: quaranta giorni come quelli che Gesù ha vissuto nel deserto e che, a loro volta, alludono ai quaranta anni passati dal popolo d’Israele nel deserto prima di insediarsi nella terra che Dio aveva promesso.
Prima di affrontare il testo di Matteo, bisognerebbe risolvere due possibili obiezioni che altrimenti potrebbero interferire come elementi di disturbo nella nostra riflessione.
Gesù viene tentato.
Ma come è possibile immaginare una situazione di questo genere.
Gesù è il figlio di Dio:come potrebbe essere tentato?
Il fatto è sorprendente..
Ma, a pensarci bene, Gesù non avrebbe potuto evitare di essere tentato.
Se l’incarnazione non è stata una finzione, Gesù era veramente figlio di Dio, ma , al tempo stesso, perfettamente uomo per cui, proprio per questo stretto rapporto con la condizione umana, doveva nel deserto conoscere i nostri smarrimenti, le nostre esitazioni, la fatica di dover scegliere tra due proposte ugualmente interessanti e contrapposte l’una all’altra.
Perciò è credibile che Gesù sia stato tentato.
E tentato lo sarà lungo tutto il corso della sua vita, tentato perfino sulla croce, quando i capi religiosi lo provocheranno gridandogli di scendere dalla croce, se mai ne fosse stato capace.
Anche Gesù pertanto deve aver pregato per non soccombere di fronte alla prova.
E ci è facile immaginare che il penultimo versetto del Padre nostro: e non ci indurre in tentazione, prima di suggerirlo ai discepoli Gesù l’abbia più volte confidato al Padre nelle lunghe conversazioni che aveva con lui nel cuore della notte.
Tempo fa –ricordate – si è discusso molto sulla opportunità di correggere questa invocazione che sembra voler addossare a Dio la responsabilità delle tentazioni a cui siamo continuamente esposti.
Come è possibile immaginare (è la seconda obiezione da rimuovere) che proprio Dio voglia attentare alla nostra incolumità di creature fragili che già faticano a muoversi in un mondo sempre più disumano?
Se poi ci si mette anche Dio a complicare le cose.
Ma io non credo che il testo debba essere corretto. Solo va capito.
Del resto, non trovate una qualche rassomiglianza con l’inizio del vangelo di oggi?
“Fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo”
E’ lo Spirito che trascina Gesù nel deserto.
Dobbiamo dunque scandalizzarci anche per queste parole?
"Non c'è alcuna ragione di scandalo" scriveva anni fa Pietro Citati iu un bellissimo commento al Padre nostro comparso su un giornale laico (Repubblica 1 febbraio 1996). Il quale poi proseguiva dicendo: " Come ogni ebreo, come ogni cristiano, Matteo sapeva benisimo che Dio induce in tentazione specialmente chi ama. Aveva tentato (o messo alla prova, se vogliamo usare un'espressione più scolorita) Adamo, Abramo, Giobbe, Israele, e una tremenda frase rabbinica diceva.Non c'è alcun uomo che Dio non abbia tentato?".
Allora si può capire il senso vero delle parole del Padre nostro.
Noi non preghiamo per essere risparmiati da ogni tentazione.
La tentazione infatti può essere trasformata in un'occasione favorevole al nostro cammino spirituale, in uno scatto o in un salto di qualità nel nostro modo di inerpretare e di vivere il nostro rapporto con Dio e con i fratelli.
."Ciò che non ci uccide, ci rende più forti" diceva Nietzsche riprendendo le parole dei Padri del deserto i quali affermavano che senza"prove", senza "tentazioni" non sarebbe possibile alcnna crescita spirituale.
Se poi riusciamo a fare un po' di deserto nella nostra vita, a cercare spazi di silenzio custodendo nel cuore un grande desiderio di verità e di autenticità, ci sarà più facile capire che cosa conta veramente nella vita e che cosa non conta, e potremo dare all'invocazione del Padre nostro questa precisa intonazione "Signore, accettiamo le prove che tu ci mandi, perché servono a purificare la nostra fede. Solo ti chiediamo di essere risparmiati da tentazioni che siano superiori alle nostre deboli forze".
A questo punto è opportuno che ci domandiamo: "Quali sono le teanazioni più pericolose, più insidiose perchè più diaboliche?" .
Quando si parla di tentazioni, il pensiero - è un debito che si paga a un'educazione di tipo moralistico - si rivolge immediatamente alla sfera della sessualità.
Si tratta senza dubbio di una tentazione possibile, ma bisogna dire che nella Bibbia non occupa il primo posto.
La libidine del potere (basta osservare lo spettacolo indecoroso che danno di sè certi uomini poltici) è molto più forte della libidine che nasce dagli istinti della carne.
Nel racconto che abbiamo letto si parla di tre tentazioni, ma in realtà si tratta di tre aspetti o modalità di un'unica tentazione, quella del potere.
Il Tentatore, avvicinandosi a Gesù, cerca di indurlo a rappresentare Dio come pura onnipotenza:
"Se sei figlio di Dio, dimostra a tutti di essere un Dio onnipotente. E' quello che gli uomini pretendono.E' inutile parlare loro di fede e di amore. Vogliono altro.
Non vedi che credono solo nella forza e nei risultati immediati?
Scegli la via della magia, del miracolo facile, della esibizione spettacolare, e vedrai che tutti ti seguiranno".
Questa tentazione era veramente drammatica per Gesù: voleva dire scegliere la via
della forza rinunciando a quella dell'amore.
Nella nostra vita questa tentazione prende corpo nelle pieghe della nostra debolezza come desiderio di possedere di più per sentirci più forti, di occupare, se è possibile, i primi posti, di strappare qualche applauso per appagare la nostra vanità.
E, una volta presa questa strada, la tentazione ci porta a invocare un Dio che sia unicamente un Dio forte, prodigo di miracoli, disposto a risolvere i nostri problemi, difensore delle persone oneste e della sua chiesa.
Qui è l'immagine stessa di Dio che viene stravolta.
Dio non è più padre, non è più amore.
E' perciò una grazia immensa sapere che Gesù ha vinto la tentazione accettando di rimanere debole per conquistarci non con la forza, ma con l'amore.
Alle seduzioni del tentatore bisogna rispondere consegnandoci ad un'altra seduzione. Questa non ci parlerà di potere , di prestigio, di successi immediati, ma farà vibrare il nostro cuore per la gioia ineffabile di sentire che Dio ci è accanto come Padre con uno sguardo colmo di infinita tenerezza, e che avrà per ciascuno di noi una parola, detta con amore, più forte di ogni sofferenza e perfino della morte.