sabato 16 febbraio 2008

II Domenica di quaresima


Deuteronomio 5, 1-2.6-21
Salmo 18
Romani 13, 7-14
Giovanni 4, 5-42

A volte penso che per definire il cristianesimo si debba usare più frequentemente la parola follia.
Che senso dare a questa parola?
Si possono distinguere tre tipi di follia.
C’è la follia di quelli che soffrono di malattie mentali.
Follia non voluta, questa, ma subìta: degna perciò di pietà e di estrema attenzione.
C’è poi la follia di chi brucia incenso davanti a tutti gli idoli.
Leggendo il vangelo della samaritana, mi è parso di trovare qualche traccia di questa seconda follia.
La samaritana è una donna che non segue la ragione, ma l’estro, la spontaneità, l’istinto, l’immediatezza della volontà.
Una storia di cinque mariti alle spalle. Vive con un sesto che non è suo marito.
Chi può chiamare normale una donna che si abbandoni a questo vagabondaggio sentimentale?
E poi c è un altro elemento rivelatore: dopo il colloquio con Gesù, torna in paese a dire “Ho incontrato uno che mi ha detto tutto quello che ho fatto”.
Di Gesù ha colto soprattutto questo potere, segno che per lei dovevano contare molto i fenomeni paranormali: di divinazione, di occultismo, di magia.
Non faccio fatica a pensare che questa donna frequentassi chiromanti, leggesse i suoi oroscopi o, come si dice, si facesse fare le carte.
Come dunque definire questa donna? Estrosa,estroversa, vivace?
Certo, ma da un punto di vista etico, anche un po’ folle.
Perché per lei non sembra che esistano più norme morali.
I comandamenti che ci sono stati richiamati dalla prima lettura li doveva conoscere. Ma non tengono più.
Concetti come dovere, impegno, fedeltà, lealtà, bene e male, giusto e ingiusto appartengono a un dizionario che non è più il suo.
Tutto è innocente e buono, una volta che si segue il proprio istinto.
Non è follia questa? Lo so: siamo noi a ragionare così.
Per altri, per molti altri, questo comportamento è espressione di sanità menale, di verità, di autenticità.
E può diventare motivo di compiacimento.
Quanti sono folli e non sanno di esserlo. Anzi sono pronti ad accusare di follia gli altri.
Ma c’è una terza forma di follia.
Ne parlava Francesco: “Il Signore mi ha rivelato essere suo volere che io fossi pazzo nel mondo”.
Perché Francesco ha detto questo?
Perché aveva capito che Gesù agli occhi del mondo si era comportato da pazzo.
Anche agli occhi dei suoi famigliari, se, come si legge nel vangelo di Marco, questi un giorno andarono per riportarlo a casa a viva forza, perché dicevano: “E’ pazzo”.
Anche nel racconto di oggi il suo comportamento non è del tutto normale.
Perché si ferma a parlare con una donna moralmente squalificata con il rischio di compromettere la sua riputazione agli occhi dei discepoli?
E perché, mentre prima doveva avere fame, subito dopo dice di non avere più fame?
E’strano il comportamento di Gesù.
Ma Gesù avrebbe potuto dare una spiegazione quasi con le stesse parole di Francesco. “Il Padre mio mi ha rivelato essere suo volere che io fossi pazzo nel mondo”.
Sì, perché, prima di Francesco, prima di Gesù, se c’è una pazzia è quella di Dio.
E una spia c’è anche nel vangelo di oggi: “E’ giunta l’ora, ed è questa, in cui i veri adoratori...”.
Questo Dio è un Dio imprevedibile, un Dio vagabondo.
Non lo puoi racchiudere dove piace a te, né sul monte Garizim dei samaritani, né nel tempio dei Giudei, a Gerusalemme.
Non lo puoi imprigionare. E’ un Dio sfuggente. Dio è spirito.
Non lo trovi a volte nei templi, soprattutto quando sono espressione di orgoglio religioso, e lo trovi lì, dove meno te lo aspetti, sul margine di un pozzo, a parlare con una donna che a giudizio comune sarebbe stato meglio evitare.
Ecco la verità: noi non abbiamo un Dio ragionevole.
Un Dio ragionevole non si sarebbe incarnato.
Un Dio ragionevole non si sarebbe comportato come ha fatto Gesù.
Un Dio ragionevole non sarebbe finito sulla croce.
Che cosa vuol dire allora essere cristiani?
E’ possibile essere cristiani e non essere un po’ folli nel senso del vangelo?
I primi cristiani non hanno avuto dubbi.
L’apostolo Paolo parlava della pazzia del vangelo.
Purtroppo noi siamo troppo ragionevoli.
Amiamo le giuste misure, la prudenza, il compromesso.
Siamo saggi, ma nell’ordine del mondo.
Per essere saggi nell’ordine del vangelo, dobbiamo invece amare l’eccesso, la dismisura, la sregolatezza.
Sia chiaro: nell’ordine della carità.
Dobbiamo almeno qualche volta dare fuori di testa, uscire dalle nostre limitate misure, rischiare, buttarsi, sfidare il buon senso.
Follia- che poi è saggezza evangelica - è quando sei capace di un gesto di generosità, senza contropartita, e qualcuno accanto a te ti dice: “Ma tu sei matto! Che senso ha quello che stai facendo?” E tu riesci a ripetere a te stesso: “Sì, ha senso. Se sono pazzo, sono contento di esserlo in compagnia di Gesù”.
Follia evangelica è quando sei così innamorato della tua fede che non la nascondi, ma la porti con fierezza, anche se gli altri ti riservano un senso di compassione e di derisione.
Follia evangelica è non lasciasi appagare mai dalle consolazioni umane, ma credere nella parola che promette l’acqua che toglie ogni sete.
Anni fa qualcuno ha detto: “La pazzia è il sale che impedisce alla ragione di marcire”.
Va bene anche per la fede: la follia evangelica è il sale che impedisce alla nostra fede di marcire.
Perché qualche volta non dovremmo avere il coraggio di pregare con queste parole:
“Signore, fammi un po’ pazzo come sono stati i tuoi santi, soprattutto Francesco, come sei stato tu.
Dammi il coraggio della tua pazzia.
Dammi di credere che questa pazzia è la sola saggezza che può salvare questo nostro mondo”.

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