Luca 1 26-38
Bisognerebbe leggere i testi di questa liturgia con l’animo aperto a un infinito stupore.
Come quando da piccoli ci capitava di ascoltare una storia meravigliosa, con gli occhi che brillavano per la dolce emozione.
Perché tutto ciò che ci viene raccontato è nel segno della novità, della sorpresa, dell’incantamento.
E non si tratta di una favola, ma di una realtà che ha la leggerezza di una favola.
Protagonista assoluto di questa narrazione è Dio, o meglio, la fantasia di Dio.
E’una fantasia, quella di Dio, che noi stentiamo a seguire in tutti i suoi imprevedibili percorsi.
Dico “noi” occidentali, che ci siamo arresi alla dimensione della razionalità tecnologica mortificando la immaginazione e gli slanci del cuore.
Anche il nostro mondo religioso soffre di queste angustie se è vero che siamo tutti pronti a riconoscere che “nulla è impossibile a Dio” (come dice a Maria l’angelo dell’annunciazione), ma di fatto pretendiamo di essere noi a governare la volontà di Dio, con il risultato di vivere una religione dove tutto è scontato, prevedibile, risaputo e perciò noioso; dove anche Dio diventa noioso, in quanto creato a nostra immagine e somiglianza.
Ma Dio è libertà totale, è novità, è sorpresa.
E’ un Dio che non può essere relegato negli spazi ristretti che noi gli assegniamo.
“Lo Spirito santo scenderà su di te…su te stenderà la sua ombra la potenza dell’altissimo”: è stupenda nella sua profondità e delicatezza questa espressione.
Si parla dunque di Dio, di un Dio che discende e quasi dimentica la sua dimora eterna per dimorare in mezzo agli uomini.
E dove Dio intende porre la sua nuova dimora?
Dire che la casa di Maria è il nuovo tempio di Dio è qualcosa di vero e insieme di non completamente vero.
La dimora sarà ancora più piccola per colui che è l‘immenso e l’eterno: la dimora sarà la carne di Maria..
Il grembo di Maria è l’arca, la tenda, il tempio di Dio.
Ma neppure quest’ultima affermazione esprime tutta la novità del vangelo.
C’è un altro tempio, più piccolo ancora, più segreto: un nulla di tempio.
E’quel germe di carne che prende vita nel ventre di Maria: in quel niente si rivela l’inaccessibile e l’invisibile Dio.
Mistero immenso la venuta di Dio fatta di soffio e di ombra, mistero stupendo se si pensa che la salvezza non è significata in questo racconto da una perfezione morale conquistata a duro prezzo, ma da un abbandono all’azione gratuita di Dio.
“Piena di grazia” così l’angelo saluta Maria: piena cioè dell’amore gratuito di Dio.
La salvezza consiste nel lasciarsi amare.
E’ un messaggio meraviglioso soprattutto per noi che ci troviamo a misurarci con i nostri limiti morali e spirituali, sempre risorgenti perché mai completamente debellati.
Se la salvezza dipendesse unicamente dal proprio impegno volontaristico, chi potrebbe dire di meritarla?
Ma ci conforta sapere che prima di ogni nostro merito, c’è la grazia, c’è un Dio di grazia,.
C’è un Dio che si incarna per amore e perciò è nella nostra carne, nel nostro nascere e morire, nella successione dei giorni e in ciascuna delle nostre giornate.
E questo avviene prima che ce ne rendiamo degni tanto che al nostro fratello ateo potremmo – dovremmo - segretamente confidare: “Tu credi di esserti separato da Dio, ma Dio non si separa mai da te”.
Si diceva all’inizio dello stupore che dovrebbe essere la nota emotiva costante della nostra fede.
Ma per aprirsi allo stupore e per nutrirsi di stupore è importante ascoltare la “musica silenziosa” che accompagna l’ombra così dolce dell’annunciazione.
Di questo ascolto attento e silenzioso, colmo di stupore, Maria nel vangelo è un’immagine esemplare.
L’angelo Gabriele la trova raccolta nella sua casa.
Non è necessario, come hanno fatto tanti artisti, immaginarla inginocchiata a leggere qualche testo profetico o a pregare.
E’ certo invece che il colloquio è avvenuto nel raccoglimento di una piccola casa palestinese.
Può essere che anche a noi Dio mandi un angelo.
Se non ci trova. è perché non siamo in casa.
Voglio dire questo: non siamo raccolti in quella grotta interiore in cui Gandhi amava dimorare,
ma siamo sempre altrove, dispersi in mezzo a mille banalità, a inseguire interessi senza spessore.
Chi è capace ancora di trovare uno spazio di silenzio per ascoltare una voce che venga dalla profondità di Dio?
Dovremmo perciò, preparandoci al Natale, affidare al Signore questa preghiera:
“Signore, abbiamo capito che la tua parola non ama le piazze e le ribalte, ma i silenzi colmi di attesa.
Salvaci dalle parole inutili, le nostre e quelle degli altri.
Fa’ che troviamo la via di casa dove possa avvenire anche per noi un annuncio portatore di gioia
E fa’ che a nostra volta possiamo diventare angeli dell’annunciazione per tanti nostri fratelli.
E’ bello sentirsi inviati a dire: “Rallegrati. Il Signore è con te. Tu sei benedetto.
C’è Dio che dice bene di te, si compiace di te, perché vede in te i lineamenti del figlio suo Gesù”.
E fa’ che tutto questo avvenga nella gioia di ricevere e di poter donare.
Come Maria che correrà da Elisabetta a cantare il magnificat”.
Bisognerebbe leggere i testi di questa liturgia con l’animo aperto a un infinito stupore.
Come quando da piccoli ci capitava di ascoltare una storia meravigliosa, con gli occhi che brillavano per la dolce emozione.
Perché tutto ciò che ci viene raccontato è nel segno della novità, della sorpresa, dell’incantamento.
E non si tratta di una favola, ma di una realtà che ha la leggerezza di una favola.
Protagonista assoluto di questa narrazione è Dio, o meglio, la fantasia di Dio.
E’una fantasia, quella di Dio, che noi stentiamo a seguire in tutti i suoi imprevedibili percorsi.
Dico “noi” occidentali, che ci siamo arresi alla dimensione della razionalità tecnologica mortificando la immaginazione e gli slanci del cuore.
Anche il nostro mondo religioso soffre di queste angustie se è vero che siamo tutti pronti a riconoscere che “nulla è impossibile a Dio” (come dice a Maria l’angelo dell’annunciazione), ma di fatto pretendiamo di essere noi a governare la volontà di Dio, con il risultato di vivere una religione dove tutto è scontato, prevedibile, risaputo e perciò noioso; dove anche Dio diventa noioso, in quanto creato a nostra immagine e somiglianza.
Ma Dio è libertà totale, è novità, è sorpresa.
E’ un Dio che non può essere relegato negli spazi ristretti che noi gli assegniamo.
“Lo Spirito santo scenderà su di te…su te stenderà la sua ombra la potenza dell’altissimo”: è stupenda nella sua profondità e delicatezza questa espressione.
Si parla dunque di Dio, di un Dio che discende e quasi dimentica la sua dimora eterna per dimorare in mezzo agli uomini.
E dove Dio intende porre la sua nuova dimora?
Dire che la casa di Maria è il nuovo tempio di Dio è qualcosa di vero e insieme di non completamente vero.
La dimora sarà ancora più piccola per colui che è l‘immenso e l’eterno: la dimora sarà la carne di Maria..
Il grembo di Maria è l’arca, la tenda, il tempio di Dio.
Ma neppure quest’ultima affermazione esprime tutta la novità del vangelo.
C’è un altro tempio, più piccolo ancora, più segreto: un nulla di tempio.
E’quel germe di carne che prende vita nel ventre di Maria: in quel niente si rivela l’inaccessibile e l’invisibile Dio.
Mistero immenso la venuta di Dio fatta di soffio e di ombra, mistero stupendo se si pensa che la salvezza non è significata in questo racconto da una perfezione morale conquistata a duro prezzo, ma da un abbandono all’azione gratuita di Dio.
“Piena di grazia” così l’angelo saluta Maria: piena cioè dell’amore gratuito di Dio.
La salvezza consiste nel lasciarsi amare.
E’ un messaggio meraviglioso soprattutto per noi che ci troviamo a misurarci con i nostri limiti morali e spirituali, sempre risorgenti perché mai completamente debellati.
Se la salvezza dipendesse unicamente dal proprio impegno volontaristico, chi potrebbe dire di meritarla?
Ma ci conforta sapere che prima di ogni nostro merito, c’è la grazia, c’è un Dio di grazia,.
C’è un Dio che si incarna per amore e perciò è nella nostra carne, nel nostro nascere e morire, nella successione dei giorni e in ciascuna delle nostre giornate.
E questo avviene prima che ce ne rendiamo degni tanto che al nostro fratello ateo potremmo – dovremmo - segretamente confidare: “Tu credi di esserti separato da Dio, ma Dio non si separa mai da te”.
Si diceva all’inizio dello stupore che dovrebbe essere la nota emotiva costante della nostra fede.
Ma per aprirsi allo stupore e per nutrirsi di stupore è importante ascoltare la “musica silenziosa” che accompagna l’ombra così dolce dell’annunciazione.
Di questo ascolto attento e silenzioso, colmo di stupore, Maria nel vangelo è un’immagine esemplare.
L’angelo Gabriele la trova raccolta nella sua casa.
Non è necessario, come hanno fatto tanti artisti, immaginarla inginocchiata a leggere qualche testo profetico o a pregare.
E’ certo invece che il colloquio è avvenuto nel raccoglimento di una piccola casa palestinese.
Può essere che anche a noi Dio mandi un angelo.
Se non ci trova. è perché non siamo in casa.
Voglio dire questo: non siamo raccolti in quella grotta interiore in cui Gandhi amava dimorare,
ma siamo sempre altrove, dispersi in mezzo a mille banalità, a inseguire interessi senza spessore.
Chi è capace ancora di trovare uno spazio di silenzio per ascoltare una voce che venga dalla profondità di Dio?
Dovremmo perciò, preparandoci al Natale, affidare al Signore questa preghiera:
“Signore, abbiamo capito che la tua parola non ama le piazze e le ribalte, ma i silenzi colmi di attesa.
Salvaci dalle parole inutili, le nostre e quelle degli altri.
Fa’ che troviamo la via di casa dove possa avvenire anche per noi un annuncio portatore di gioia
E fa’ che a nostra volta possiamo diventare angeli dell’annunciazione per tanti nostri fratelli.
E’ bello sentirsi inviati a dire: “Rallegrati. Il Signore è con te. Tu sei benedetto.
C’è Dio che dice bene di te, si compiace di te, perché vede in te i lineamenti del figlio suo Gesù”.
E fa’ che tutto questo avvenga nella gioia di ricevere e di poter donare.
Come Maria che correrà da Elisabetta a cantare il magnificat”.