domenica 1 febbraio 2009

IV dopo l'Epifania


Luca 8, 22-25

Che cosa ci vuol dire questo racconto?
Si tratta di un miracolo compiuto da Gesù sulle forze scatenate della natura che dimostrerebbe la superiorità di Gesù su tutte queste forze ostili.
Ma questo tipo di lettura è troppo superficiale.
Vuol dire non accorgersi che ogni particolare del racconto suggerisce qualcosa di più profondo rispetto a ciò che immediatamente sembra significare.
Il linguaggio, in altre parole, possiede una grande ricchezza allusiva in quanto rimanda a qualcosa d’altro, di nascosto, di segreto, che noi siamo chiamati a disoccultare.
È quello che ora intendiamo fare prendendo in esame alcuni elementi della narrazione.
Il primo elemento particolarmente interessante è l’invito di Gesù ad attraversare il lago:”Passiamo all’altra riva!”.
Nel vangelo di Tommaso (un vangelo apocrifo, cioè non riconosciuto dalla chiesa, scoperto una cinquantina di anni fa nell’Alto Egitto), c’è questa frase attribuita a Gesù:“Siate come dei passanti”.
Che cosa voleva dire Gesù?
Che la vita è un continuo passaggio.
È bene ricordare che il mondo è come un ponte e che non si costruisce la propria dimora su un ponte.
Ma se è vero che siamo tutti esseri di passaggio, che siamo passeggeri nel senso più trasparente della parola, c’è da chiedersi: dove ci porta questa legge che Gesù ci ha richiamato?
“Passiamo all’altra riva” ha detto Gesù.
Qui non c’è solo un’indicazione geografica. Si sapeva che l’altra riva, quella ad est del lago, era abitata da popolazioni pagane e perciò da forze ostili a Dio.
L’altra riva, secondo il linguaggio ricco di rimandi e di allusioni che Luca ha scelto per narrare questo miracolo, rappresenta la dimensione della alterità o della diversità, quel mondo cioè che ci appare inquietante, perché lontano, sconosciuto e misterioso.
Nella società attuale l’altra riva potrebbe essere rappresentata dalla massa degli immigrati i quali danno a volte l’impressione di costituire un mondo chiuso e separato con cui è difficile comunicare per il fatto che custodiscono gelosamente le loro tradizioni religiose e culturali.
Inoltre, l’altra riva la puoi trovare anche nella vita di coppia, con la persona che tu pensi di amare e di conoscere più di ogni altra.
Perché ogni persona è un mistero inaccessibile che non può essere mai cancellato.
Infine non è possibile ignorare che l’altra riva richiama facilmente il mondo dell’invisibile e dell’eterno al quale si accede affrontando il duro passaggio della morte.
“Passiamo all’altra riva”: l’invito di Gesù comporta tante difficoltà ed è motivo perciò di smarrimenti, di sofferenze, di angosce.
Chi ci può aiutare in quei momenti in cui, paralizzati dalla paura,vediamo l’orizzonte oscurarsi e abbiamo l’impressione di trovarci nella stessa condizione dei discepoli sul lago di Tiberiade?
Possiamo chiedere aiuto alla chiesa quando anch’essa ci sembra a volte una fragile imbarcazione sballottata, come in questi giorni, da onde troppo violente?
Quando si prende coscienza del pericolo, soprattutto quando la tempesta ci raggiunge più da vicino, nella vita di coppia o di famiglia, ci sorprendiamo a gridare: “Non t’importa , Signore, che noi periamo?”.
Ma Dio ci ascolta?
Abbiamo impressione che Dio dorma. Come dorme Dio nell’antico testamento, tanto che il salmista e i profeti si sentono costretti a gridargli: “Destati, Signore, perché dormi? Svegliati”.
La risposta, nel vangelo, la conosciamo: è data dal miracolo.
Gesù, che prima dormiva, viene risvegliato e fa tacere il vento placando le acque minacciose.
È interessante osservare che l’evangelista utilizza termini tecnici che, in greco, esprimono la morte e la risurrezione.
In altre parole, Gesù che dorme su un cuscino in fondo alla barca prefigura Gesù che riposa nel profondo della tomba, mentre Gesù che, risvegliato e stando in piedi in mezzo alla barca, interpella e provoca il vento, annuncia l’altro Gesù, in piedi nella tomba e vittorioso sulla morte, il mattino di Pasqua.
Ma c’è un’altra risposta su cui conviene riflettere.
“Dov’è la vostra fede?” chiede Gesù ai discepoli, ammonendoli sulla loro scarsa capacità di avere fiducia in lui. .
Qui la fede richiesta da Gesù è soprattutto fiducia.
Non si tratta di una fede intesa come adesione a un insieme di credenze definite con assoluta precisione o di una fede professata solo verbalmente..
Questa fede-fiducia è qualcosa che nasce dal cuore di una persona.
E’ la ferma persuasione che sulla barca della nostra avventura umana ci sarà sempre un passeggero clandestino, pronto a prendere in mano il timone e a condurci in salvo.
Vorrei concludere questa riflessione con un pensiero di Bernanos il quale un giorno si è domandato che cosa è la fede e ha trovato questa risposta: “La fede è ventiquattro ore di dubbi meno un minuto di speranza”.
A me sembrano parole molto consolanti.
I dubbi li conosciamo: ci accompagneranno sempre fino al termine del nostro cammino.
Ma, forse, potrà bastare, per essere riconosciuti come veri credenti, un minuto di speranza, purché questa speranza porti un nome, quello di Gesù, nostro dolcissimo amico, inseparabile compagno di viaggio e guida verso l’altra riva.

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