domenica 23 settembre 2007

XXV Domenica del tempo ordinario


Amos 8, 4-7
Salmo 112
2 Timoteo 2, 1-8
Luca 16, 1-13

“Non potete servire a Dio e a mammona”
Mammona è la personificazione della ricchezza.
La parola, che appartiene al dialetto aramaico, ha la stessa radice dell’ebraico amen e pertanto sta a significare ciò è stabile e fermo.
Mammona rappresenta la ricchezza come un mito, come qualcosa di assoluto, quasi fosse una divinità.
Mammona si pone perciò in contrasto con Dio per cui è necessario scegliere: o Dio o mammona.
Sia chiaro: Gesù non condanna la ricchezza in sé e, in generale, i beni materiali, ma l’uso perverso che se ne può fare.
E questo succede quando la ricchezza esercita un fascino così totalizzante ed esclusivo da occupare le coscienze individuali e collettive come il valore supremo,
In questo caso, invece di essere a servizio dell’uomo, esercita sull’uomo una tirannia distruttiva.
In nome di questo dio terribile che è il dio denaro, quanti disordini spaventosi siamo costretti a registrare su questo nostro pianeta: guerre, droga, mafia, prostituzione, sfruttamento
Questo dio denaro è capace di distruggere tutto: coppie, famiglie, relazioni, istituzioni
Il potere devastante del denaro è efficacemente illustrato dalla denuncia che ne fa il profeta Amos.
Qui sono presi di mira soprattutto i commercianti disonesti che ricorrono a tutti gli accorgimenti possibili per aumentare i loro guadagni.
A questo modo i poveri diventano sempre più poveri e ricchi sempre più ricchi
Ma anche il vangelo con la parabola strana dell’amministratore infedele fa capire a quali situazioni di estremo pericolo può condurre l’attaccamento smodato ai beni materiali.
Il problema è quello di liberare l’uomo dalla servitù nei confronti di questo idolo vorace che è il denaro, di desacralizzarlo in modo che esso non rappresenti più una divinità (mammona appunto) contrapposta a Dio, ma sia ricondotto alla sua funzione di strumento finalizzato alla crescita ordinata dell’uomo nel rispetto della giustizia e della convivenza sociale.
Le letture ci danno indicazioni molto utili perché possiamo attuare questa conversione.
Anzitutto bisogna coltivare una grande passione per la giustizia.
Troppe volte ci limitiamo a porre domande sulla giustizia al “Dio giusto”.
Troppo comodo chiedersi:” Perché Dio permette certe cose?”.
Dovemmo invece capovolgere la domanda e chiederci: “Perché noi tolleriamo questo stato di cose?”.
Sarà forse perché, poco o tanto, abbiamo tutti delle compromissioni o delle complicità con situazioni ingiuste o anche perché ci siamo formati un’idea sbagliata delle nostre responsabilità come cristiani nel mondo.
Non basta infatti “badare ai fatti propri”, o curare gli interessi del proprio gruppo o difendere i diritti della chiesa.
Primari sono i diritti del vangelo che coincidono con i diritti della giustizia.
La passione per la giustizia dovrebbe diventare in noi inquietudine, rimorso, coraggio di dire parole che scottano, come ha fatto i profeta Amos, che non si è limitato a una denuncia generica, ma ha saputo dare del ladro al ladro chiamando le cose e le persone con il loro nome.
Per coltivare la passione per la giustizia, c’è bisogno anche di modelli.
E c’è da augurasi che la chiesa, nel voluminoso catalogo dei santi, voglia trovare una visibilità sempre maggiore per “i martiri per la giustizia” che non mancano nel nostro tempo.
Penso a mons. Romero, arcivescovo di San Salvador, assassinato mentre stava celebrando la messa, penso ai preti uccisi dalla mafia e con loro anche a tante nobili figure di laici osteggiati e uccisi perché hanno avuto il coraggio di protestare contro gli abusi del potere.
Paolo raccomanda di pregare per tutti quelli che stanno al potere perché possano trascorrere una vita calma e tranquilla.
Noi saremmo tentati di pregare perché i detentori del potere abbiano una vita difficile e poco tranquilla.
Ma non si tratta di abbracciare il malcontento oggi diffuso nella società italiana.
Si tratta piuttosto di fare opera di discernimento per onorare chi veramente agisce secondo le norme della lealtà e della onestà, per il bene della comunità, e per condannare chi invece si lascia governare dalla logica degli interessi privati, anche se mascherata da pubbliche e assidue professioni di fedeltà nei confronti della chiesa.
Ma passiamo ora alla .parabola narrata nel vangelo.
È una parabola imbarazzante e perfino scandalosa, visto che Gesù sembra lodare il comportamento di quell’amministratore infedele.
Ma a noi interessa cogliere l’esortazione con cui Gesù conclude la parabola: “Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quando essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne”.
Si parlava all’inizio della necessità di desacralizzare il dio denaro che ci schiavizza, ci aliena, se diventa il valore supremo del nostro esistere.
E già avevamo trovato nelle prime due letture indicazioni molto utili per realizzare questa conversione.
Ma ora Gesù intende darci la lezione essenziale riguardante il buon uso della ricchezza.
Fatevi degli amici! usate i vostri beni come strumento di condivisione e d’amicizia!.
Spalancate le vostre mani nel gesto del dono, regalate un po’ di luce, di gioia e di speranza a chi è povero e sofferente.
Sarà il migliore investimento che avrete fatto delle vostre ricchezze, perché collocate nella banca del cielo.
A questo modo vi sarete fatti degli amici che un giorno parleranno bene di voi, presso l’Amico che vi attende.

















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